Smart working: la regolamentazione e la gestione della sicurezza, della salute e della sul lavoro.

Questa modalità operativa ha subito una crescita esponenziale negli ultimi mesi a seguito della diffusione del covid-19. 

Il lavoro agile (o smart working) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli legati all’orario di lavoro o al luogo ove si svolge l’attività lavorativa e da una organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività. Il lavoratore svolge la sua attività lavorativa in parte dentro l’azienda e in parte fuori dal luogo di lavoro.

Lo smart working richiede la presenza fisica in ufficio alcune volte alla settimana o al mese, oltre all’impegno a lavorare fuori dai locali aziendali entro un intervallo di orari flessibile ma comunque limitato e non a completa discrezione del lavoratore. Viene caratterizzato dalla volontarietà delle parti che sottoscrivono l’accordo individuale attraverso l’utilizzo di strumentazioni che consentano di lavorare da remoto (come ad esempio: pc portatili, tablet e smartphone). Ai lavoratori agili viene garantita la parità di trattamento – economico e normativo – rispetto ai loro colleghi che eseguono la prestazione con modalità ordinarie. È, quindi, prevista la loro tutela in caso di infortuni e/o malattie professionali.

Stato dell’arte sul lavoro agile

La normativa italiana che regola il lavoro agile  

Attualmente il lavoro agile è già previsto in molti contratti collettivi/accordi di rinnovo, nel settore alimentare, energetico, bancario-assicurativo, trasporto, telecomunicazioni e in aziende altamente tecnologiche.
Secondo recenti dati dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano in Italia sono oltre 300 mila i lavoratori subordinati che godono di discrezionalità ̀nella definizione delle modalità ̀di lavoro in termini di luogo e il 36% delle grandi imprese, il 7% delle PMI e il 5% delle PA hanno già progetti strutturati di smart working.

Purtuttavia, da un’indagine Eurostat del 2018, la percentuale italiana di smarterworkers è agli ultimi posti dell’Unione Europea (poco sopra Cipro e Montenegro) con una quota pari al 2% (di cui l’1,2% che lavorava abitualmente da casa e lo 0,8 % saltuariamente) contro una media dei lavoratori europea pubblici e privati dell’11,6% (Svezia e Olanda 31%, Islanda e Lussemburgo 27%, Danimarca e Finlandia 25%, Regno Unito 20,2%, Francia 16,6%, Germania 8,6%). Tali percentuali sono diffuse in egual misura tra lavoratori uomini e lavoratrici donne.

Con tale modello organizzativo s’intende non solo permettere al lavoratore di conciliare più facilmente tempi di vita e di lavoro, ma anche renderlo più responsabile del proprio operato, consentendogli di raggiungere gli obiettivi aziendali in totale autonomia.

L’idea di fondo è che il lavoratore, se ha una maggiore possibilità di bilanciare il rapporto lavoro-famiglia e di adeguare i ritmi lavorativi alle proprie esigenze personali, avrà anche una più alta soddisfazione lavorativa, con conseguenti ripercussioni positive sia in termini di produttività che di ovvio vantaggio per l’azienda.

La norma di apertura del capo II della Legge 81/2017, dopo avere definito le caratteristiche essenziali e finalità del lavoro agile, prevede innanzitutto che tale modalità di esecuzione del rapporto sia subordinata all’accordo tra le parti.

L’accordo – che può essere a tempo indeterminato (ed in questo caso le parti possono recedere, ma con ob-bligo di preavviso, salva giusta causa, non inferiore a trenta giorni) o determinato (e in questo caso non è pos-sibile recedere anticipatamente, sempre salva la giusta causa) – richiede la forma scritta ai fini della “regolarità amministrativa” e della prova, dovendo disciplinare, tra l’altro, i modi di svolgimento della prestazione all’esterno dei locali aziendali, le forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro, gli strumenti che il lavoratore deve utilizzare, i tempi di riposo e le condotte che possono dare luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari.

Viene altresì sancito il principio di parità di trattamento economico e normativo dello smart worker rispetto ai lavoratori che svolgono le medesime mansioni all’interno dell’azienda.

Quanto all’orario di lavoro, la prestazione lavorativa può essere liberamente svolta fuori dai locali aziendali e senza postazione fissa, ma entro i limiti di durata massima dell’orario giornaliero e settimanale stabiliti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.

Il dibattito è ancora in corso in relazione alla misurazione e predeterminazione del tempo della prestazione di lavoro agile e della natura mobile e non fissa della postazione di lavoro utilizzata all’esterno dei locali aziendali. In ogni caso la legge intende assicurare la totale parità del trattamento normativo, retributivo e previdenziale anche dal punto di vista della tutela in materia di SSL, del lavoratore agile, rispetto a quello di chi svolge le stesse mansioni all’interno dei locali dell’azienda. Nello specifico l’art. 22 prevede che sia il DL a garantire la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile e a tal fine consegna al lavoratore e al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS), con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro. I lavoratori devono cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal DL  e hanno diritto (art. 23) alla tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali derivanti da rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all’esterno dei locali aziendali e alla tutela contro gli infortuni sul lavoro ‘in itinere’ occorsi durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello prescelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali.

Gestione della salute e sicurezza sul lavoro 

La formazione sulla salute e sicurezza del lavoro nello smart working ha lo scopo di aumentare la «consapevolezza prevenzionistica» del lavoratore in merito alla scelta del luogo di lavoro esterno ai locali aziendali, che deve essere improntata a criteri di «ragionevolezza», valorizzando la dimensione della scelta individuale, in un adattamento reciproco tra individuo e contesto organizzativo.

Tale formazione, specie nei contesti a basso rischio e per le professioni facilmente telelavorabili, ha anche la funzione di promuovere il benessere, agendo soprattutto sul clima che, se eccessivamente stressante e competitivo, può impattare negativamente sulle performance individuali e di gruppo, indipendentemente dalla modalità lavorativa prescelta. Per questo è importante non sottovalutare la funzione espressiva della formazione, che può contribuire a creare un clima più disteso, meno conflittuale e maggiormente collaborativo.

Per lo “smart working“, essendo questo una “modalità di lavoro innovativa basata su un forte elemento di flessibilità (orari e sede), al lavoratore viene lasciata ampia libertà di auto-organizzarsi a patto che porti a termine gli obiettivi concordati e stabiliti nelle scadenze previste, collaborando con i propri colleghi”. Tale attività, tuttavia, non è, di fatto, dotata di specifica disciplina sulla tutela della salute e sicurezza, trovando, pertanto, riferimento nel D.lgs. n. 81/2008, nella propria estrema ed omnicomprensiva valutazione del campo di applicazione (Obblighi di informazione/formazione del datore di lavoro – artt. 36 e 37) e della definizione di lavoratore, con particolare riferimento, se svolto con l’utilizzo di strumentazioni tecnologiche, alle disposizioni del Titolo VII del medesimo Decreto (artt. 172 e 178) relative alla normativa prevenzionistica in materia di lavoro ai videoterminali.

Ciò malgrado, ampi riferimenti specifici sono riportanti all’interno della specifica succitata legge di riferimento 81/2017; proprio a tal proposito, si intende evidenziare, passo per passo, quanto in essa evidenziato.

Art. 19 L. 81/2017 – Diritto alla disconnessione

Il “lavoratore agile” ha diritto alla «disconnessione» dalle strumentazioni informatiche e tecnologiche (pc, telefono, e-mail) al fine di prevenire i rischi per la salute psico-fisica derivanti da un eccesso di lavoro (overworking , iperconnessione, burn out) e mantenere una distinzione tra sfera privata e sfera professionale ai fini di un bilanciamento tra tempi di vita e di lavoro (work-life balance).

Art. 22 L. 81/2017 – Sicurezza sul lavoro e obbligo di informativa

In esso si definiscono gli obblighi del datore di lavoro e del lavoratore in materia di sicurezza sul lavoro nel caso di svolgimento della prestazione in modo agile. Viene indicato, inoltre, l’obbligo di consegna al lavoratore e al RLS, con cadenza annuale, di un’informativa scritta contenente rischi generali e specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro (Direttiva n° 3/2017 della Presidenza del Consiglio dei Ministri).

La tutela dello smart worker

La legge numero 81 del 22 maggio 2017, all’articolo 23, recita:

Il lavoratore ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dipendenti da rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all’esterno dei locali aziendali.

Proprio per sottolineare questo aspetto, la Circolare INAIL numero 48 del 2017, collegandosi al Decreto del Presidente della Repubblica numero 1124 del 30 giugno 1965, ricorda che “lo svolgimento della prestazione di lavoro in modalità agile non fa venir meno il possesso dei requisiti oggettivi (lavorazioni rischiose) e soggettivi (caratteristiche delle persone assicurate) previsti ai fini della ricorrenza dell’obbligo assicurativo, rispettivamente, dagli articoli 1 e 4, n. 1) del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124”.

Il Decreto n. 1124, infatti, dal canto suo, stabilisce che “l’assicurazione comprende tutti i casi di infortunio avvenuti per causa violenta in occasione di lavoro”. Si capisce quindi, già in questa prima parte, la volontà di allineare a livello assicurativo una giornata di Smart Working a una normale giornata lavorativa.

Per essere coperto da assicurazione è di fondamentale importanza il fatto che il dipendente stia lavorando alle sue normali mansioni; poi, se si trova in ufficio o in un altro luogo (in modalità lavoro agile), non fa differenza.

Quindi, in definitiva, riprendendo la Circolare INAIL, “una volta entrati nel campo di applicazione della tutela, i suddetti lavoratori sono assicurati, applicando i criteri di carattere generale validi per tutti gli altri lavoratori, col solo limite del rischio elettivo”.

Quando non subentra la copertura assicurativa negli infortuni in regime di Smart Working

Come quando il dipendente si trova nel normale luogo di lavoro, la copertura non viene riconosciuta se sussiste il rischio elettivo e cioè se il lavoratore ha adottato un comportamento contrario al buon senso, causando un infortunio. Questo vale anche in una giornata svolta in modalità lavoro agile.

Ma cos’è il rischio elettivo? Nella sostanza, il rischio elettivo sussiste quando “un infortunio è causato da una azione volontaria, palesemente abnorme e svincolata da qualsiasi forza maggiore o necessitata attuata dal lavoratore”.

In pratica, il rischio elettivo è un comportamento volontario del lavoratore, abnorme rispetto al fine aziendale, oppure eseguito per scopi di esibizionismo, o comunque legato a scelte individuali voluttuarie (come, ad esempio, l’acquisto di sigarette). Questo vale sia in regime di lavoro classico sia in quello di Smart Working.

Anche in questo caso, il lavoro agile viene allineato alle classiche modalità lavorative. L’unica discriminante che interviene nello stabilire se un lavoratore ha diritto alla copertura assicurativa in una giornata di Smart Working è il fatto che il dipendente, al momento dell’infortunio (o degli infortuni), stesse effettivamente lavorando. Ma come si fa a stabilire i momenti esatti durante i quali uno smart worker sta espletando le sue funzioni e quelli durante i quali, invece, si sta prendendo una legittima pausa se si trova fuori dall’ufficio?

Infatti, se il dipendente si trova nei locali lavorativi sta evidentemente lavorando. Ma, in una giornata di lavoro agile, accertarsi che un lavoratore stesse veramente lavorando o meno quando è incorso un infortunio risulta molto complicato.

Come verificare se il dipendente ha diritto alla copertura assicurativa

Prima di tutto bisogna controllare l’accordo individuale tra lavoratori e datore di lavoro sulla pratica dello Smart Working in azienda (obbligatorio per legge). Se in questo accordo alcuni luoghi vengono estromessi dalla modalità in lavoro agile, il lavoratore non è coperto da assicurazione se si trovava in un luogo non riconosciuto dall’accordo.

Se ad esempio nell’accordo ci fosse scritto che il dipendente non può lavorare in un ristorante e quest’ultimo è vittima di un infortunio proprio in un ristorante, l’INAIL non riconosce la copertura assicurativa perché il dipendente ha disatteso l’accordo individuale.

Per tutto il resto dei casi, se il lavoratore sta lavorando e si infortuna, ha diritto al riconoscimento dell’infortunio, salvo alcuni casi stabiliti dalla legge.

Cosa fa il datore di lavoro

Arrivati a questo punto, è chiaro che il datore di lavoro non può sapere esattamente dove il lavoratore sta passando la sua giornata in Smart Working, a meno che non sia dichiaratamente scritto nell’accordo individuale aziendale. Come fa allora a sapere se i luoghi dove si trovano gli smart worker sono consoni e non mettono a rischio l’attività dei dipendenti?

In realtà, non può saperlo. Per questo, è obbligato a fornire al lavoratore un’informativa con tutte le indicazioni necessarie a ridurre al minimo il rischio di incidenti. Ecco cosa dice la legge 81/2017 a riguardo:

Il datore di lavoro garantisce la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile e a tal fine consegna al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro.

Nell’informativa, il datore di lavoro deve fornire indicazioni precise circa il corretto utilizzo delle attrezzature o apparecchiature messe a diposizione del lavoratore durante le giornate di Lavoro Agile. Queste attrezzature devono essere conformi al titolo III del decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81.

Dal canto suo, il lavoratore, ricevuta l’informativa, deve adottarsi per attuare le misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro nell’informativa scritta. Lo smart worker deve cooperare in questo senso e deve essere formato e informato dall’azienda per non incorrere in infortuni. Il lavoratore ha un ruolo molto attivo in questo processo, avendo un importante compito di auto controllo durante le giornate di Smart Working.

Infortuni in itinere: cosa prevede lo Smart Working

Anche per quello che riguarda l’infortunio in itinere (cioè quello che potrebbe sopraggiungere recandosi sul luogo di lavoro) il lavoratore agile è coperto da assicurazione. Trattandosi di un tragitto che porta a un luogo esterno alla normale sede lavorativa, ci sono delle importanti distinzioni da fare. Ecco cosa dice la legge 81/2017:

Il lavoratore ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro occorsi durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello prescelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, nei limiti e alle condizioni di cui al terzo comma dell’articolo 2 del testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro  gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, e successive modificazioni, quando la scelta del luogo della prestazione sia dettata da esigenze connesse alla prestazione stessa o dalla necessità del lavoratore di conciliare le esigenze di vita con quelle lavorative e risponda a criteri di ragionevolezza.

La copertura in itinere, secondo la legge, dipende da alcuni criteri di ragionevolezza: per fare un esempio, se il dipendente decide di lavorare in modalità agile da un coworking che si trova fuori mano e per arrivarci decide di traversare a nuoto un fiume, in questo caso potrebbe decadere il criterio di ragionevolezza.

Non solo la ragionevolezza: la scelta del luogo di lavoro in modalità agile deve dipendere anche dalle necessità del dipendente di conciliare le esigenze di vita con quelle lavorative. Riprendendo l’esempio precedente, se lo smart worker decide di recarsi in un coworking che si trova lontano dal normale luogo di lavoro ma vicino alla sua abitazione, e nel tragitto incorre in un infortunio, la copertura sussiste, vista la necessità del dipendente di conciliare la sua vita privata con le esigenze lavorative, diminuendo il tempo di percorrenza per raggiungere il luogo di lavoro.

Fonte: Forumpa.it, Gazzetta Ufficiale

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