Perché la Francia è stata costretta a decretare il coprifuoco

Nel treno ad alta velocità che collega Milano e Parigi, a luglio, un particolare colpiva i passeggeri, e cioè che un sedile ogni due aveva un piccolo cartello all’altezza della testa, con un’avvertenza «posto non disponibile per il rispetto del distanziamento sociale», subito seguita da una precisazione «a partire dalla frontiera italiana». In Francia era consentito occupare tutti i posti nelle carrozze, una decisione poco comprensibile da parte dei passeggeri italiani che, al passaggio del confine, vedevano con sorpresa salire nuovi passeggeri.  

Questo piccolo aneddoto è probabilmente utile per capire come mai la Francia sia uno dei paesi europei in cui la seconda ondata sta colpendo più forte, dopo che già durante l’estate i casi erano sensibilmente più alti rispetto a tutti i paesi confinanti, con la sola eccezione della Spagna.  

Nell’ultima settimana il Paese ha fatto registrare un trend in ascesa dopo che il weekend i nuovi casi avevano superato i 20mila al giorno, segno che l’epidemia è diffusa in tutto il Paese. 

Ecco perché il presidente Emmanuel Macron, che non interveniva sull’epidemia dal discorso del 14 luglio, ha decretato il coprifuoco dalle 21 alle 6 a Parigi e in altre otto città metropolitane Lille, Rouen, Saint-Etienne, Tolosa, Lione, Grenoble, Aix-Marseille e Montpellier. Sarà ancora possibile muoversi tra una regione e l’altra, ma non uscire di casa in quella fascia oraria. I trasgressori saranno puniti con multe e ci saranno controlli. 

Naturalmente anche tutte le attività ricreative, come bar e ristoranti, dovranno chiudere prima delle 21. Il presidente ha spiegato che la maggior parte dei contagi avviene durante gli incontri ravvicinati, e quindi la misura è pensata per cercare di bloccare la diffusione del virus nelle occasioni di ritrovo privato. Macron ha anche fornito alcune raccomandazioni pratiche: evitare i contatti ravvicinati, cambiare l’aria degli ambienti chiusi più volte al giorno, evitare di incontrare troppe persone. Anche il governo francese, come quello italiano, ha raccomandato di non stare in spazi chiusi e aperti con più di 6 persone. 

I trasporti continueranno a funzionare anche durante la notte, e sarà consentito spostarsi con un certificato che giustifica il motivo come durante il lockdown, visto che la polizia aumenterà i controlli e in caso di inosservanza ingiustificata del divieto potrà comminare multe. Per aiutare i ristoratori, che saranno particolarmente colpiti dal provvedimento, Macron ha annunciato un «aiuto eccezionale», 100% della cassa integrazione per imprenditori e dipendenti fino a 4,5 volte il salario minimo, mentre ha deciso di non rendere obbligatorio il lavoro a distanza: «Bisogna essere chiari, quando si ha una seconda casa, magari in campagna, lavorare da remoto può essere bello. Ma quando si vive in appartamenti piccoli, magari con tre figli, la promiscuità è tale che lavorare diventa molto duro dopo un po’. Ecco perché bisogna avere del buon senso, l’obbligo non è la panacea». 

Gli annunci di Macron arrivano subito dopo la pubblicazione del parere dei cinque esperti nominati dall’Eliseo per valutare l’operato del governo nella gestione della pandemia che, nel loro rapporto del 13 ottobre, sono stati chiari: «Abbiamo riscontrato errori manifesti di anticipazione, preparazione e gestione» degli aspetti sanitari da parte della politica. Il rapporto esalta invece la risposta degli ospedali: «Il sistema ospedaliero ha testimoniato una grande capacità di adattamento, grazie ai posti in rianimazione che sono aumentati, ai trasferimenti dei malati, alla collaborazione tra pubblico e privato, alle visite da remoto in città». 

È possibile che il governo abbia sottovalutato gli effetti di una seconda ondata, e abbia pensato che non fosse il caso di frenare la ripresa economica di quest’estate imponendo troppi divieti: le mascherine al chiuso non erano obbligatorie fino a metà agosto, quando poi sono state imposte anche all’aperto, e più in generale la popolazione non avvertiva la necessità di rispettare scrupolosamente le regole di distanziamento sociale.  

Per fare un esempio, fino a metà agosto al cinema la mascherina non era imposta ma soltanto consigliata, e non era assolutamente rispettato il distanziamento sociale. D’altronde, commentando la decisione di chiudere i bar di Parigi presa la settimana scorsa dal governo, il ministro dell’Interno Gérald Darmanin ha spiegato la difficoltà di far rispettare le regole ai francesi: «Siamo francesi, amiamo bere, mangiare, vivere, sorridere, baciarci».  

Durante le discussioni Emmanuel Macron avrebbe duramente ripreso il ministro della Salute Olivier Véran, che chiedeva di chiudere i bar e ristoranti di Bordeaux e Marsiglia, perché responsabile, secondo il presidente, di non aver messo in piedi un efficace sistema di test and tracing: «non faremo pagare ai francesi il fatto che non siamo abbastanza capaci di analizzare i tamponi!». 

Anche il titolo dell’articolo di Le Monde che riporta quanto accaduto tra il presidente e il ministro è esemplificativo della situazione: «Di fronte al rischio di rigetto da parte della popolazione, Macron rifiuta di imporre misure troppo restrittive». 

A questo si aggiunge il fatto che per tutta l’estate una parte dell’opinione pubblica dichiarava terminata l’epidemia, compreso il virologo più famoso del paese, Didier Raoult, che prendeva in giro chi metteva in guardia dall’autunno: «la seconda ondata è una fantasia». 

Le misure prese dalla fine di settembre a oggi, e cioè chiusura di bar e palestre, imposizione di protocolli sanitari rinforzati ai ristoranti che vogliono restare aperti, non sono state sufficienti, molto probabilmente perché tardive. Macron ha detto che le nuove misure dureranno «almeno per un mese», anche perché gli effetti delle restrizioni non sono visibili subito, ma hanno bisogno di un po’ di tempo per essere efficaci. 

È probabile che quindi i contagi continuino ad aumentare nelle prossime settimane qualunque cosa decida l’Eliseo, e le terapie intensive sono già in sofferenza. 

Fonte: Linkiesta

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