Matrimonio UniCredit-MPS: l’orientamento del Tesoro

Una ricapitalizzazione da 2-2,5 miliardi di euro a carico dello Stato per appostare in modo adeguato i rischi legali e far fronte ai costi di un’integrazione che comporterebbe l’uscita circa 6 mila dipendenti.

Oltre a una dote di attività fiscali differite di oltre 3 miliardi di euro, da utilizzare per risparmiare sulle tasse.

Sarebbero queste, secondo alcune fonti, le condizioni proposte dal Tesoro a Unicredit, che le starebbe valutando senza aver deciso alcunché, per farsi carico di Mps, nel tentativo di trovare una soluzione definitiva ai problemi di Siena.

Secondo indiscrezioni di stampa il Tesoro avrebbe proposto a UniCredit una serie di incentivi per acquisire il controllo di Rocca Salimbeni.

Ricordiamo che lo Stato italiano è primo azionista di MPS con circa il 68% e, in base agli impegni presi in occasione della ricapitalizzazione autorizzata dalla UE come aiuto di Stato temporaneo, entro fine anno deve indicare il percorso di uscita dal capitale della banca, percorso da completare entro il 2021.

Negli ultimi mesi, il Tesoro ha sondato diversi istituti nel tentativo di trovare un partner con UniCredit target principale, trovando però scarso riscontro: l’a.d. Jean Pierre Mustier, avrebbe infatti chiesto compensazioni in contanti (si era parlato di circa 3 miliardi di euro) per rendere neutrale l’impatto dell’operazione sul capitale della banca e per tutelarsi da richieste danni per totali 10 miliardi di euro a carico dell’istituto senese.

Nelle ultime settimane il dossier-cause legali di MPS si è però “arricchito” ulteriormente dopo la condanna degli ex vertici Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, tanto che il cda ha deciso di “cambiare la classificazione da “possibile” a “probabile” in merito ad una serie di controversie legali e richieste stragiudiziali” per un ammontare di quasi 400 milioni di euro.

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