Se in Italia, come in tante altre nazioni, i governi stanno disponendo continui cambi di regole per contrastare la diffusione del coronavirus, cambi di regole che spesso da una settimana all’altra mandano in confusione i cittadini che ormai sono diventati tutti esperti nell’interpretazione dei DPCM, c’è un Paese in cui le regole non sono praticamente mai cambiate, nonostante il bilancio dei contagi e purtroppo anche quello dei morti sia tra i più alti del mondo e di gran lunga il più alto della regione in cui si trova.
In Svezia dall’inizio della pandemia i decessi per Covid-19 sono stati 5.922 e i casi confermati in tutto 106.380, numeri molto più alti delle vicine Finlandia (351 morti e 14.710 casi), Norvegia (278 morti e 16.772 casi) e Danimarca (688 morti, 36.373 casi), eppure il governo continua ad affidarsi quasi esclusivamente alla disciplina dei suoi cittadini, senza aver mai imposto e senza avere intenzione di imporre un vero e proprio lockdown.
Finora il Paese ha portato avanti sempre e soltanto una strategia basata su misure molto leggere, si chiede ovviamente di rispettare il social distancing, sono state vietate le riunioni di oltre 50 persone e le persone anziane, fragili o con sintomi sono state invitate a rimanere a casa e in isolamento.Non è stato imposto però mai l’uso di mascherine, le scuole sono rimaste aperte (chiuse solo le superiori e le università durante il picco di marzo), aperti sono rimasti anche negozi, bar e ristoranti.
Eppure non sono pochi quelli che sostengono che una quarantena stretta avrebbe permesso di salvare non poche vite. L’ultimo a puntare il dito contro la strategia è stato Tom Britton, professore di matematica all’Università di Stoccolma e uno dei principali esperti di modelli epidemiologici del Paese, che già ad aprile disse che sarebbero potute morire fino a 20mila in Svezia.
In un’intervista al The Local sostiene che un lockdown avrebbe potuto salvare circa 4mila persone. “Penso che se avessimo fatto un blocco più serio, avremmo salvato più vite, ma probabilmente avremmo comunque avuto forse mille o addirittura 2mila morti“, ha detto, aggiungendo però di non credere che “avremmo potuto raggiungere i bassi numeri della Danimarca e, in particolare, della Norvegia“, due Paesi questi ultimi che hanno circa la metà della popolazione svedese (che è di poco più di 10 milioni di abitanti), e una densità abitativa ancora più bassa di quella già bassa svedese (se non in città come Stoccolma, dove vivono un milione di abitanti e la densità abitativa è il doppio di quella di Roma).
Per l’epidemiologo di Stato, l’ormai celebre Anders Tegnell, il cui approccio sta facendo discutere in tutto il mondo ma è molto popolare nel Paese, quella svedese è una strategia consistente, che si basa sul consenso dei cittadini, solitamente propensi ad ascoltare le indicazioni del governo di cui si fidano, e pensata per il lungo periodo, in quanto è più facile seguire a lungo regole semplici piuttosto che essere catapultati ogni mese in regole e livelli di restrizioni diverse.
Se ad aprile il numero di morti è stato catastrofico, soprattutto a causa del fallimento nella protezione delle case di cura, dove sono avvenuti circa la metà dei decessi, almeno per il momento i numeri sembrano far pensare che per quanto riguarda il lungo termine la strategia stia funzionando, il numero di morti quotidiane è bassissimo, solo quattro lunedì scorso, e solo l’8 per cento dei letti di terapia intensiva sono occupati da pazienti Covid-19.
Il numero di nuovi casi dall’inizio di settembre è però comunque in aumento, con una media di bisettimanale, secondo i dati del centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malatie , di 85 ogni 100mila persone, la stessa della Germania e quasi la metà di quella dell’Italia, ma sempre più alta di Finlandia e Norvegia (51 e 37,5), anche se più bassa di quella della Norvegia (103).
Sono comunque numeri lontanissimi da quelli dei paesi in cui la seconda ondata sta facendo più paura: in Spiagna siamo a 347, in Francia 441, in Olanda 574, in Belgio 867 e in Repubblica Ceca addirittura 975. E sono tutti paesi che hanno imposto lokdown rigidi.
“Penso che l’ovvia conclusione sia che il livello di immunità in diverse città non è affatto così alto come abbiamo creduto, e come forse alcune persone hanno creduto“, ha dichiarato Tegnell, che più volte ha ribadito di non aver mai voluto perseguire una strategia che puntasse solo all’immunità di gregge.
Ad Uppsala ad esempio, la quarta città del Paese, il numero dei contagi è in più forte aumento, per questo sono state disposte misure più stringenti solo nella zona, anche se restano comunque volontarie. Ai cittadini è stato chiesto di evitare i trasporti pubblici, di evitare il contatto fisico con persone esterne alla propria famiglia e di evitare di organizzare o partecipare a feste o attività sociali.
Insomma bazzecole rispetto al coprifuoco imposti in diverse città europee. Lo Stato sta addirittura pensando di dotarsi di maggiori poteri per imporre restrizioni, ma sempre senza fretta a quanto pare.
La Svezia ha approvato una legge di emergenza per la pandemia il 16 aprile, legge che le avrebbe permesso di chiudere porti, scuole, palestre, ristoranti, negozi e altre attività, ma il provvedimento è scaduto il 30 giugno senza mai essere utilizzato.
FONTE: Europa Today