Che Quota 100, l’anticipo pensionistico introdotto dal precedente governo, sia arrivata alla fine della sua sperimentazione, è ormai cosa certa. Non è ancora certa quale misura la sostituirà.
Tante le ipotesi avanzate nelle ultime settimane con il nuovo governo Draghi e tra queste la più accreditata riguarda Quota 102. E’ Alberto Brambilla, Presidente di Itinerari previdenziali, che ne parla sul Corriere della Sera partendo dal presupposto che se la campagna vaccinale si concluderà entro luglio, già da settembre per l’effetto combinato della ripresa delle attività e dei primi stimoli del Recovery Plan, l’occupazione dovrebbe aumentare a partire dalle attività alberghiere, di ristorazione e ricettive in generale.
Quota 102: cosa significa?
Per Brambilla si tratta di un pensionamento flessibile che permetterebbe di uscire dal mondo del lavoro “a 64 anni di età anagrafica (indicizzata alla aspettativa di vita) e 38 anni di contributi di cui non più di 2 anni figurativi (esclusi dal computo maternità, servizio militare, riscatti volontari)”. Secondo quanto affermato: “la pensione anticipata dovrebbe essere resa stabile con 42 anni e 10 mesi per gli uomini, un anno in meno per le donne”.
Infine il superamento di Quota 100 – secondo Brambilla – dovrebbe prevedere una soluzione anche per i giovani cosiddetti “contributivi puri”, ovvero quelli riceveranno una pensione commisurata esclusivamente ai contributi versati nella vita lavorativa. In sostanza conclude il presidente di Itinerari Previdenziali si potrebbe introdurre un’integrazione al minimo su valori pari alla maggiorazione sociale (630 euro mese) e calcolati sulla base del numero di anni lavorati”.
Il contesto generale in cui inserire la Riforma Pensioni parte dalla necessità di formulare una legge che «concluda, almeno per i prossimi 10 anni, il ciclo delle riforme dando certezza ai cittadini con regole semplici e valide per tutti, giovani e anziani, retributivi, misti e contributivi puri».
Proposte di Riforma Pensioni
Il punto di partenza per realizzare l’obiettivo può essere l’equiparazione delle regole per tutti coloro che hanno iniziato a lavorare dal primo gennaio 1996 a quelle di tutti gli altri lavoratori, «compresi i requisiti di pensionamento e l’integrazione al minimo su valori pari alla maggiorazione sociale e calcolati sulla base del numero di anni lavorati».
In secondo luogo, bisogna ridefinire i requisiti di accesso alla pensione, e qui la proposta resta quella sopra riportata: pensione di vecchiaia a 67 anni, con adeguamento alle aspettative di vita, e 20 anni minimi di contribuzione. E’ fondamentalmente una riproposizione dell’impianto attuale.
Pensione di anzianità con 64 di età adeguata all’aspettativa di vita e almeno 38 anni di contributi (Quota 102). Nei 38 anni, bisognerebbe conteggiare non più di due anni figurativi (esclusi dal computo maternità, servizio militare, riscatti volontari) «al fine di premiare/incentivare il lavoro e non gli anni di permanenza nel sistema». Infine, pensione anticipata con circa 42 anni e 10 mesi per gli uomini, un anno in meno per le donne (sistema attuale), svincolata però dall’aspettativa di vita ed eliminando qualsiasi divieto di cumulo. Si potrebbero prevedere anticipi per le donne madri (otto mesi per ogni figlio con un massimo di 24 mesi), mentre per i precoci ogni anno di lavoro prima dei 19 anni dovrebbe valere 1,25 anni.
Infine, Itinerari Previdenziali sollecitare la reintroduzione dell’indicizzazione delle pensioni all’inflazione rinviata nell’ultimo decennio, nella misura del 100% fino a tre volte il minimo, 90% da tre a cinque volte il minimo e 75% oltre cinque volte la prestazione minima sulla quota di pensione “retributiva”, mentre per quella contributiva l’indicizzazione dovrebbe essere pari al 100% eliminando l’iniquo taglio delle pensioni alte. «Se si fosse proceduto con una riforma definitiva – segnala il report – i numeri dei salvaguardati e i costi sarebbero stati inferiori, ma soprattutto si sarebbe fatta più equità intergenerazionale».
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Fonte: Pmi.it