Seppure l’82% delle imprese ritenga che la propria organizzazione possieda un livello di consapevolezza o attenzione abbastanza o molto alto riguardo le questioni Esg, ossia i temi legati alla sostenibilità ambientale, sociale e di governance, ben il 41% pensa di possedere una scarsa capacità organizzativa per valutare le dimensioni del rischio Esg derivante da fattori esterni all’impresa. Ciò deriva, in particolare, dalla disponibilità o meno dei dati, interni ed esterni, e dalla qualità degli stessi utilizzati per la gestione e la rendicontazione degli Esg. A rilevarlo sono i risultati dell’indagine Third-Party Risk Management (Tprm) svolta da Deloitte su un campione di 1309 rispondenti in 38 paesi che ricoprono un ruolo di responsabilità in materia. «Le organizzazioni si stanno rendendo conto che la qualità dei dati interni ed esterni è fondamentale per gestire i rischi Esg legati alla loro impresa» osserva Francesca Tagliapietra, technology, media & telecommunications leader di Deloitte, «risulta, quindi, essenziale sviluppare una maggiore comprensione dei dati necessari, definendo chiaramente come ottenerli da fonti interne ed esterne all’organizzazione. A tal fine, sarebbe utile mappare le varie attività e i processi che coinvolgono le terze parti, valutando al contempo i rischi intrinseci legati alle dimensioni dei rischi Esg, continuando a investire in tecnologie che integrino la raccolta e l’elaborazione di questi dati da fonti interne ed esterne per migliorare il processo decisionale». Dall’indagine emerge che nel post pandemia le priorità saranno quelle di semplificare, standardizzare e integrare le soluzioni tecnologiche per migliorare l’efficienza e ridurre i costi (61%), affrontare le minacce provenienti da nuovi settori di rischio (52%), aumentare il grado di controllo centralizzato sulla gestione delle terze parti (47%). «Non c’è dubbio che il Covid-19 abbia evidenziato i problemi presenti all’interno di molte organizzazioni» prosegue Tagliapietra, «ha portato alla luce i punti deboli delle funzionalità del Tprm e ha generato la necessità di rispondere a delle domande sulla effettiva maturità del sistema. Le soluzioni tecnologiche, le utility e le soluzioni di servizi gestiti, insieme ai rischi nuovi ed emergenti, come l’ambiente, i cambiamenti climatici e i rischi geopolitici, continueranno a evolversi e questi fattori, a loro volta, spingeranno le organizzazioni a rivalutare periodicamente le loro precedenti valutazioni di maturità».
Affrontare i rischi legati all’Esg. In base agli esiti della ricerca, oltre al timore di non poter contare su un’adeguata organizzazione aziendale per valutare il rischio proveniente dall’esterno, il 35% del campione afferma che la definizione delle priorità dei rischi Esg si basa su valutazioni di giudizio, piuttosto che su processi quantitativi formali. Solo il 18%, invece, riferisce di utilizzare metodi di valutazione quantitativa. In tale contesto, solo il 16% afferma che la qualità dei dati interni è alta o molto alta. Quindi, nel report si evidenziano le notevoli preoccupazioni derivanti dalla qualità dei dati, interni ed esterni, utilizzati per la gestione e la rendicontazione degli Esg.
Tale mancanza di fiducia nei dati Esg è alimentata, secondo gli analisti, da due fattori. In primis, l’indisponibilità dei dati, inoltre la mancanza di consapevolezza di quali siano i dati su cui fare affidamento e di come tradurli in informazioni utili all’azione. In generale, il 64% degli intervistati comunica regolarmente le informazioni relative ai rischi Esg internamente per prendere decisioni ed esternamente per rispondere alle aspettative degli stakeholder ma solo il 49% ha messo in atto meccanismi formali per monitorare i cambiamenti interni ed esterni.
In termini di dimensioni specifiche dei rischi Esg, il 69% include l’etica aziendale e il comportamento responsabile, seguiti dalla responsabilità di prodotto (59%) e dai rischi legati al lavoro (59%). I settori di rischio meno frequentemente inclusi sono gli investimenti responsabili (32%), le risorse naturali (35%), il cambiamento climatico (42%), l’opposizione degli stakeholder (43%) e le pari opportunità (43%).
Gestione della resilienza delle terze parti. Nel nuovo scenario post pandemico, le organizzazioni sono chiamate ad affrontare nuovi rischi quali quello geopolitico, geografico o di concentrazione dei fornitori o controlli sulle esportazioni e sanzioni.
Fonte: Italia Oggi